Non è soltanto il secondo partner commerciale dell’Europa e
il territorio che registra la crescita più veloce nel mondo, con un
PIL che aumenta del 10 percento ogni anno e 400 nuove imprese attive. La
Cina è anche il Paese leader nelle contraffazioni di marchi e prodotti
stranieri, beni di consumo di ogni genere, dal settore tessile a quello informatico,
alimentare e farmaceutico. Circa il 70 per cento dei falsi immessi sul mercato
mondiale sono di provenienza cinese. Un durissimo attacco alle economie occidentali
di una concorrenza pirata incontrollabile, che danneggia i mercati e, pure,
la salute dei consumatori, con perdite spaventose di gettito fiscale. «Le
vendite di merci contraffatte rappresentano il 7-9 per cento dell’intero
commercio mondiale, per un giro d’affari pari a 450 miliardi di dollari,
una cifra colossale», spiega il ministro per il Commercio internazionale
Emma Bonino.
Soltanto nel mercato agroalimentare europeo, l’economia delle contraffazioni
e delle imitazioni è di 56 miliardi di euro annui. Nell’Ue,
sono contraffatti il 10 per cento dei prodotti farmaceutici, nei Paesi
in via di sviluppo si arriva al 50 per cento. Solo in Italia, su 140mila
confezioni di medicinali sequestrati, il 4 per cento sono “cloni”,
del tutto identici agli originali. Il nostro Paese è tra le maggiori
vittime nella guerra invisibile di questo mercato parallelo, spesso gestito
da organizzazioni criminali. Il peso sull’economia nazionale è di
circa 4 miliardi di euro l’anno.
In Cina si trovano supermarket che vendono esclusivamente merci contraffatte
con il marchio “made in Italy”, dai jeans Armani agli ovetti
Kinder, e in parallelo crescono i quartieri China Town. Per tale motivo la
Bonino ha costituito un tavolo permanente, tra produttori, intermediatori,
consumatori, sindacati, imprese, per proporre strategie di protezione dei
marchi e di contrasto alle contraffazioni.
Il ministro ha annunciato che l’Istituto nazionale per il Commercio
estero (Ice) sta attivando quattordici “desk anti-contraffazione ” presso
le sedi fuori dallo Stivale. L’Italia si sta spendendo per accelerare
l’approvazione del regolamento che renda obbligatoria l’etichetta
d’origine sui prodotti d’importazione estera. Ma, per il ministro «bisognerebbe
rafforzare il ruolo dell’Alto commissario per la lotta alla contraffazione».
E «l’Europa deve dotarsi di una strategia comune». Infatti, «se
si riuscisse ad istituire un registro multilaterale, i nostri prodotti di
qualità sarebbero protetti contro imitazioni e contraffazioni in ciascuno
dei 150 paesi aderenti al l’Organizzazione mondiale del commercio».
Questo è l’orientamento della Commissione europea e del Parlamento
di Strasburgo. Ma «non tutti i governi la pensano allo stesso modo».
Si può solo sperare che prevalga l’interesse dei cittadini.
Anche perché, «in ballo – ha aggiunto il ministro –non
ci sono solo le nostre mozzarelle, l’aceto di Modena o l’amaretto
di Saronno. C’è qualcosa di più. C’è un
problema di criminalità internazionale. C’è un problema
di salute pubblica».
Il Padova, 31/3/2007